La dynasty di Heineken

Francesca Vercesi

 

Ogni volta che si stappa una Heineken, si sta contribuendo alla ricchezza di una donna, il cui patrimonio personale è stimato in 15 miliardi di dollari e che siede su un impero da 200 milioni di ettolitri di birra. Lei è Charlene de Carvalho-Heineken, classe 1954, una laurea in legge all’Università di Leida, erede di una delle famiglie più importanti dell’imprenditoria olandese, sposata felicemente con il banchiere britannico, attore e sciatore olimpico Michel Ray de Carvalho, che di anni ne ha 10 in più. Charlene ha infatti ereditato il colosso della birra Heineken dal padre Freddy Heineken nel 2002: ne detiene il 23% (che ne fa la maggiore azionista), non ha mai ceduto alle lusinghe di quanti avrebbero voluto comprare al sua quota, ha difeso l’azienda ed è riuscita a rinforzare la sua posizione cooptando nel consiglio di amministrazione della holding la famiglia, ovvero il marito Michel, i figli Charles e Alexander de Carvalho e la figlia Louisa Brassey.

 

Sequestro di persona

Non va dimenticato che il coinvolgimento in azienda di Charlene è stato accelerato dai tragici avvenimenti che portarono al rapimento del padre nel 1983. Un sequestro passato alla storia (e di cui è stato fatto anche un film con Anthony Hopkins come protagonista): alla famiglia venne chiesto di pagare la somma di 35 milioni di fiorini olandesi che equivalgono a 25 milioni di euro, la cifra di riscatto più alta mai richiesta in casi del genere. I soldi non sono mai stati trovati né i rapitori hanno mai ammesso dove sono stati nascosti.

Dici Heineken, ma i marchi sono 250. Heineken significa birra, certo, ma soprattutto un gruppo immenso che, accanto alla produzione della celebre bevanda alcolica olandese che ne porta il nome, ha negli anni acquisito decine di brand grandi e piccoli nei cinque continenti, dalla Germania alla Papua Nuova Guinea. In totale ci sono 165 siti produttivi in oltre 70 paesi e in Italia possiede i marchi Moretti, Ichnusa e Messina. È il primo gruppo in Europa e il secondo al mondo dopo la fusione, a ottobre 2016, dei principali concorrenti, AB-InBev e SABMiller. Produce oltre 200 milioni di ettolitri di birra divisi in 250 marchi. I principali, oltre a Heineken, sono Amstel, Cruzcampo, Affligem, Żywiec, Starobrno, Tiger, Zagorka, Birra Messina, Ochota, Murphy’s, Red Stripes, Star, Pelforth, Birra Moretti, Ichnusa, Dreher. La società è quotata alla Borsa di Amsterdam e all’OTC Markets Group di New York.

Come nasce una dinastia.

 

I primi passi

Nel 1864 il giovane Gerard Adriaan Heineken (22 anni) ottiene da sua madre l’autorizzazione all’acquisto del birrificio De Hooiberg (il fienile), attivo ad Amsterdam sin dal 1592. Nel 1865 viene fondata l’Heineken & Co che nel 1873 diventerà Heineken’s Bierbrouwerij Maatschappij NV (la nostra Spa), con lo stesso Heineken come maggior azionista. Nel 1869 Heineken decide di sviluppare una tecnica simile a quella bavarese per la fermentazione a basse temperature, per ottenere una birra più chiara e a più lunga conservazione Nel 1874 è aperto un secondo stabilimento a Rotterdam per far fronte all’aumento delle richieste. Con la morte di Gerard nel 1893, la proprietà della società passa alla moglie Marie Tindal che la gestisce fino al 1914 quando le subentra il figlio Henry Pierre. Nel 1927 viene acquistato il birrificio belga Léopold, con sede a Bruxelles. Nel 1931 partecipa, in joint-venture con la Fraser & Neave, alla creazione della Malayan Breweries, con sede a Singapore. Negli anni ‘30 vengono aperte sussidiarie anche nel Congo belga, in Egitto e a Giava. Nel 1933, grazie all’importatore Leo van Munching, Heineken diventa la prima birra straniera a essere importata negli Stati Uniti d’America alla fine del proibizionismo. Nel 1948 viene modificato il logo della compagnia con l’inclinazione verso l’alto delle tre ⟨e⟩ della parola Heineken con l’obiettivo di apparire sorridenti. Nel 1954 il colore dell’etichetta passa da rosso a verde.

 

Al via l’espansione

Nel 1968 l’Heineken si fonde con la storica rivale Amstel. Nel 1971 diventa presidente il figlio di Henry Pierre, Alfred Henry ‘Freddy’ Heineken. E con lui inizia una serie di acquisizioni di produttori di birra europei: per prima la francese Brasserie de l’Espérance con sede a Schiltigheim, produttrice della birra Ancre. Viene poi acquisita l’italiana Dreher. Nel 1975 viene aperto un nuovo birrificio con una capacità produttiva annua di 1,5 milioni di ettolitri di birra. Le acquisizioni continuano negli anni ’80 e ’90: l’irlandese Murphy’s è comprata nel 1983, la spagnola El Aguila nel 1984, la Royal Brand Brewery nel 1989 e la svizzera Calanda Bräu nel 1993. Nel 1996 l’azienda acquista il marchio della Birra Moretti. In seguito all’accusa mossa dall’Antitrust di avere sul mercato italiano una posizione dominante, Heineken viene costretta a cedere nel 1997 lo stabilimento produttivo di San Giorgio di Nogaro in provincia di Udine, che viene acquistato da un nuovo gruppo: la Birra Castello. Nel 1999 viene riconosciuto marchio del secolo dalle autorità olandesi. Negli anni 2000 avvengono le acquisizioni dei birrifici BBAG, Krusovice e Rodic e della Scottish & Newcastle, acquistata dal gruppo Carlsberg nel 2008. Nel 2004, due anni dopo la scomparsa di Freddy Heineken, la società annuncia la chiusura dello stabilimento di Pedavena, storico birrificio del bellunese che, poi, nel 2006 sarà venduto da Heineken Italia alla Birra Castello.

 

M&a internazionale

Nel 2010 Heineken compra la divisione birreria del gruppo messicano FEMSA, il più grosso imbottigliatore (proprietario anche della maggiore catena di alimentari messicani, OXXO) che poi entrerà nel capitale della Heineken NV con una quota del 20%. Inizia l’espansione in Sud America. Due anni più tardi acquista l’Asia Pacific Breweries di proprietà della Fraser&Neave. Nell’ottobre 2015 Diageo vende all’Heineken le sue quote in Desnoes&Geddes e GAPL, marchi attivi rispettivamente in Giamaica e Malaysia. Con questa Heineken ha una partecipazione del 73,3% in Desnoes&Geddes e del 100% in GAPL. Sempre quell’anno rileva anche il 50% di Lagunitas Brewing Company di Petaluma, in California, per poi acquisirne il controllo totale nel 2017. Nell’estate 2016 Heineken firma un contratto di sponsorizzazione per alcune tappe del mondiale di F1. Nel 2017 entra in Brasile acquisendo per 700 milioni di dollari la società Kirin. Sempre nello stesso anno rileva un birrificio artigianale italiano, Hibu, fondato nel 2007 in Brianza.

Nel 2018 compra il 40% del maggior produttore cinese di birra, China Resources Beer, per 2,7 miliardi di euro. In base agli accordi le attività di Heineken in Cina (tre stabilimenti) si sono fuse con quelle del gruppo cinese che ha in licenza il marchio Heineken. Contemporaneamente China Resources Beer ha rilevato azioni Heineken per 464 milioni (pari allo 0,9%) e la società olandese ha messo a disposizione i suoi canali di distribuzione per i marchi del gruppo cinese (il più importante è Snow).

 

Il peso della congiuntura

Nel corso del 2023 non è mancata la volatilità a causa delle grandi tensioni geopolitiche, delle dinamiche inflattive e delle condizioni economiche incerte. Il produttore olandese di birra ha annunciato un calo dei suoi profitti annuali a 2,3 miliardi di euro, rispetto ai 2,7 miliardi del 2022, con un volume complessivo di birra venduta in diminuzione del 4,7%, di cui il 60% causato dai forti cali registrati in Nigeria e Vietnam. “Quest’anno Heineken ha dovuto dare priorità ai prezzi per compensare livelli senza precedenti di inflazione di materie prime ed energia”, si leggeva in una nota della società, aggiungendo che la pressione inflazionistica si è attenuata verso la seconda metà dell’anno, ma “il clima di tensione economica rimarrà un fattore di incertezza nel 2024”. Il fatturato è aumentato del 4,9% (36,3 miliardi di euro), quello netto ha segnato una crescita organica del 5,5%, l’utile operativo ha segnato una crescita organica dell’1,7%. “Rimaniamo cauti sulle prospettive economiche e geopolitiche globali”, ha detto il ceo e presidente del cda Dolf Van den Brink, aggiungendo che l’azienda cercherà di guidare la crescita dei ricavi da un equilibrio di volumi e prezzi, “continuando a investire nei brand, in innovazione, capacità commerciali e canali di distribuzione per fornire una creazione di valore sostenibile nel lungo termine”. E ha aggiunto: “Tengo a sottolineare che abbiamo realizzato 0,8 miliardi di euro di risparmi lordi nel 2023. Inoltre, a metà 2023 abbiamo acquisito Distell e Namibia Breweries per dare vita all’Heineken Beverages, un nuovo campione delle bevande per l’Africa meridionale, andando oltre il segmento della birra”.

 

Prospettive di crescita in Africa

A questo proposito, il ceo ha detto: “Puntiamo a oltre 1 miliardo di euro di ricavi netti e 150 milioni di euro di utili operativi grazie alla nostra presenza in Africa. Possiamo creare posti di lavoro e contribuire allo sviluppo economico complessivo della regione”. Infine, “siamo usciti dalla Russia nel terzo trimestre in modo responsabile”, ha concluso. A fine agosto 2023 la società ha infatti annunciato il ritiro completo dalla Russia, dopo aver venduto al gruppo Arnest, il più grande produttore russo di cosmetici, articoli per la casa e imbottigliamento in lattine, subendo “una perdita di 300 milioni di euro”, recitava una nota della società. Gli asset, proseguiva la nota, sono stati venduti per un euro, con un impatto trascurabile sull’utile per azione 2023.

 

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!